Uomini di avvento 
«La salvezza è una sola: che noi ricominciamo a ricordare e ad accettare umilmente quello che noi siamo. E siamo uomini, e a noi è affidato e concesso avere come destino Dio stesso; a noi sin dall'inizio Dio ha donato la sua vita divina, e per questo il nostro divenire umano deve compiersi nello splendore fiammeggiante di Dio.

[…] Dobbiamo soltanto diventare sensibili a quell'anelito del nostro cuore, -sempre oppresso e pure mai del tutto soffocato, e più esperto di qualunque astuzia-, che vuole proteggere se stesso. In questo modo siamo già veri uomini dell'avvento, che lasciano realmente che Dio venga in loro e hanno per lui un interrogativo sempre pronto; uomini che cercano il tenue apparire del volto di Dio non soltanto nel passato, ma anche nel proprio futuro, trovando proprio in questo il Dio della loro storia. Avremo anche una sensibilità per Dio in tutto ciò che ci attende come destino di una vita matura: le tenebre del dolore e della solitudine; la notte delle amare delusioni, dove tutte le stelle sognate cadono dal cielo; il vuoto bruciante della rinuncia e della bontà mai ricambiata. Tutto quello che ci può togliere i nostri orizzonti familiari, che smantella le istituzioni della nostra sicurezza borghese e ci strappa al nostro suolo, tutto ciò noi lo sperimenteremo come forme diverse del Dio che si avvicina. Così, la nostra fede diventerà quella fede che Dio ama sopra ogni cosa (ha detto una volta Péguy): una speranza tutta tesa, senza difese, al Dio che viene.
[…] (Allora) capiremo, anche se confusamente, che nell'avvento di Dio c' è insieme l'avvento mirabile della nostra propria esistenza, come l'amore di Dio ha misteriosamente progettato sin dall'inizio (cf. Ef 1,4). Chiaro avvento dell'interiore mistero di grazia della creatura, avvento dell'uomo nuovo nell'avvento di Dio. Allora potremo anche noi alzare la nostra testa, stanca e sopraffatta (cf. Lc 1,28), accendere le nostre lampade e cantare i nostri canti, piano e origliando se già canta con noi colui che è il nostro beato futuro: DIO».
J.B. METZ Avvento-Natale, Brescia, Queriniana, 1974, 37-42.

Attenzione e vigilanza
Giocando sull'assonanza fra prosoché (attenzione) e proseuché (preghiera) l'antica tradizione cristiana ha affermato lo stretto legame tra queste due realtà: «L'attenzione che cerca la preghiera troverà la preghiera: la preghiera infatti segue all'attenzione ed è a questa che occorre applicarsi» (Evagrio Pontico). In tempi più recenti Simone Weil, riprendendo Malebranche, ha parlato dell'attenzione in termini di preghiera. L'attenzione è la preghiera naturale che l'uomo fa alla verità interiore perché gli si disveli. L'attenzione è faticosa e dolorosa e nell'animo umano vi è qualcosa che vi si oppone con grande veemenza, molto più violentemente di quanto alla carne ripugni la fatica.
All'attenzione si accompagna la vigilanza. Il «vigilante» è l'uomo sveglio, non addormentato, non intontito, è l'uomo lucido e critico, non passivo, è l'uomo responsabile e cosciente. È l'uomo che si lascia colpire e interpellare dagli eventi. Come dimenticare che l'esperienza che ha condotto il Budda allo stato di «svegliato», di «illuminato», è passata attraverso la presa di coscienza della tragica esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte? L'homo vigilans è presente a sé e agli altri, alle realtà umane e storiche, ha radici in se stesso e non attende dall'esterno di sé la conferma al proprio agire e alla propria identità. È l'uomo paziente e perseverante, profondo, capace di dare continuità ad una scelta... Non stupisce che un padre del deserto abbia detto: «L'unica cosa di cui abbiamo bisogno è uno spirito vigilante» (Abba Poemen). All'opposto dell'homo vigilans si colloca l’homo dormiens, colui che resta al di qua delle proprie possibilità, che ha paura, che vive orizzontalmente più che in profondità, che si disperde in mille cose da fare o in tante cose da possedere, che è pigro e negligente, che trascina la sua vita come se fosse illimitata considerandola un divertissement.
È colui che non ha passione, è nella sonnolenza, cioè nella morte. Nella mitologia greca Hypnos (Sonno) è gemello di Thanatos (Morte)! Il vigilante è colui che lotta contro il sonno e dunque contro la morte ponendosi come uomo di luce.
(Luciano MANICARDI, La vita interiore oggi. Emergenza di un tema e sue ambiguità, Magnano, Qiqajon, 1999, 20-21).

Il desiderio della venuta del Signore
Noi aspettiamo il giorno anniversario della nascita di Cristo: il nostro spirito dovrebbe come slanciarsi, pazzo di gioia, incontro al Cristo che viene, tutto teso in avanti con un ardore impaziente, quasi incapace di contenersi e di sopportare ritardo... Chiedo per voi, fratelli, che il Signore, prima di apparire al mondo intero, venga a visitarvi nel vostro intimo. Questa venuta del Signore, sebbene nascosta, è magnifica, e getta l'anima che contempla nello stupore dolcissimo dell'adorazione. Lo sanno bene coloro che ne hanno fatto l'esperienza; e piaccia a Dio che quelli che non l'hanno fatta ne provino il desiderio!
GUERRICO D'IGNY, Sermoni per l'avvento del Signore, II, 2-4).

L'attesa, una maniera di vivere
«La nascita è un'attesa
ma, contrariamente
a ciò che si vorrebbe credere,
l'attesa non è una parentesi:
è una maniera di vivere...».
Jean DEBRUYNE

Essere svegli
Un giovane chiese al maestro: “Che cosa devo fare per salvare il mondo?”.
Il saggio rispose: “Tutto quello che serve per far sorgere il sole domani mattina”
“Ma allora a cosa servono le mie preghiere e le mie buone azioni, il mio impegno?”.
Il saggio lo guardò con tranquillità e gli rispose: “Ti servono ad essere ben sveglio quando sorgerà il sole”.

La vigilanza
Il credente si prepara alla lotta spirituale con la vigilanza: il NT chiede a più riprese di essere sobri e temperanti, di stare in guardia, di vegliare, di stare svegli, di stare  attenti, di essere pronti. La vigilanza è atteggiamento umano e spirituale con cui l'uomo è presente a se stesso e a Dio: è attitudine di lucidità e di criticità che lo mantiene perseverante e non distratto, non dissipato. L’uomo vigilante è attento a tutto il reale, lucido nei confronti di se stesso e della realtà, attento agli eventi e agli incontri, sollecito al proprio ministero, responsabile, capace di pazienza e di profondità. Al contrario, chi non vigila è un uomo addormentato, intontito, che vive sotto il segno della paura, della superficialità, della pigrizia e della negligenza. È l'uomo che teme il faccia a faccia con se stesso, che preferisce la tenebra alla luce, che evita di mettersi in discussione e di confrontarsi... In obbedienza al comando del Signore («Vegliate e pregate per non soccombere nella tentazione»: Matteo 26,41), la tradizione spirituale ha associato la vigilanza alla lotta spirituale e alla preghiera, che di tale lotta è l'arma per eccellenza, ed ha fatto della vigilanza l'arte della purificazione dei pensieri, della "custodia del cuore", il momento fondamentale della lotta contro il peccato. È dunque ovvio che, nella formazione alla lotta spirituale, occorre condurre alla adesione alla realtà (e anzitutto alla realtà propria, personale, riconoscendo e dando il nome alle lacune, alle debolezze e alle negatività che ci abitano) e alla strutturazione dello spazio interiore (educando a leggere, pensare, interpretare gli eventi, dialogare interiormente). E questo, naturalmente, mentre si introduce all'ascolto della Parola di Dio nella Scrittura, dunque alla conoscenza del Signore.
Luciano MANICARDI

Vigilanza nella solitudine
Poco tempo fa un prete mi ha detto di avere annullato l’abbonamento al New York Time perché si era accorto che le continue cronache di guerre, di delitti, di giuochi di potere e di manipolazioni politiche non facevano altro che disturbargli la mente ed il cuore, impedendogli di meditare e di pregare.
È una storia triste, perché fa nascere il sospetto che solo cancellando il mondo vi si possa vivere, che soltanto circondandosi di una calma spirituale, da noi stessi creata, si possa condurre una vita spirituale. Una vera vita spirituale, invece, fa esattamente il contrario: ci rende tanto vigili e consapevoli del mondo che ci circonda, che tutto ciò che esiste e che accade entra a far parte della nostra contemplazione e della nostra meditazione, invitandoci a rispondere liberamente e senza timore.
È questa vigilanza nella solitudine che muta la nostra esistenza. La differenza sta tutta nel modo in cui guardiamo e ci rapportiamo alla nostra storia personale, attraverso la quale il mondo ci parla.
Henri J.M. NOUWEN

Preghiera
Signore del giorno e della notte,
Dio del cielo e della terra,
si avvicina l'ora della tua venuta.
Non lasciarci intorpidire in un'attesa sonnolenta.
Desta i nostri cuori alla Parola
che non cessi di rivolgerci
attraverso i secoli dei secoli. Padrone dello spazio e del tempo,
nostro Dio, nostro Padre,
non lasciarci riaddormentare:
rendici attenti all'occasione di salvezza che ci offri,
a questi segni incipienti del Regno del tuo Figlio
che vive presso di te e tra noi
ora e sempre.