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ORARIO SS. MESSE

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Gesù afferma: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti” (Gv 14, 2) e s. Paolo apostolo spiega che tutti devono dare il loro contributo per edificare la Chiesa, il corpo mistico di Cristo (cf. 1Cor 12-14). Ognuno ha una chiamata particolare da scoprire e attuare. La spiritualità di un istituto ha lo scopo di aiutare chi vi aderisce a trovare il proprio ruolo nel piano di Dio. Chi è chiamato a collaborare alla edificazione del Regno di Dio, tramite una spiritualità particolare, deve conoscerla e mettersi al suo servizio.

Presentiamo le linee caratteristiche della spiritualità passionista.

Paolo della Croce, mosso dallo Spirito Santo, intuì che l’origine di ogni male nel mondo era la dimenticanza dell’Amore infinito manifestato da Dio nella passione di Gesù per la salvezza degli uomini.

Per questo annunciò instancabilmente con la vita e la parola la Passione di Gesù e radunò compagni per questo scopo. La fedeltà a questo carisma ha generato tanti santi nella Chiesa. La Congregazione Passionista ritiene valido anche oggi questo carisma per la salvezza del mondo.

Gesù chiama tutti a seguirlo, ripetendo: «Venite dietro a me», ma le strade della sequela sono tante, purché basate sul Vangelo e approvate dalla Chiesa. Il Signore chiamò san Paolo della Croce a seguirlo per una via particolare, rivelando a lui i misteri racchiusi nel Vangelo della passione, come ad altri fondatori rivelò altri aspetti del Vangelo. Noi Passionisti, religiosi e laici, siamo chiamati a seguire Cristo per questa via; è importante conoscerla bene. Dopo alcuni anni di sequela negli Amici di Gesù Crocifisso, ci si accorge se una persona ha capito e sta seguendo seriamente la spiritualità passionista, altrimenti, prima o dopo, l’abbandona o rimane ai margini del cammino, con una sequela molto superficiale. La vera sequela passionista è quella dell’amore, che fa accettare tutto, gioie e dolori, con amore e per amore. Per seguire sul serio Gesù Crocifisso, dobbiamo approfondirne la conoscenza, con la contemplazione. Benedetto XVI, nella sua enciclica «Deus caritas est», afferma che per capire “Dio Amore”, il punto di partenza deve essere «lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo… È lì che tale verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo, il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare» [DCE n.5].

«Il fianco squarciato di Cristo» è il simbolo dell’amore «fino alla fine» del Figlio di Dio. Dio è amore e tutto quello che compie lo compie per amore, come la creazione, la redenzione, la provvidenza, ma la passione è la prova più grande e convincente dell’amore della Trinità per noi. Possiamo vedere nella prima enciclica del papa le basi e la sintesi della spiritualità passionista, che “è la spiritualità dell’amore appresa dal cuore aperto del Crocifisso”. Paolo della Croce definisce la passione di Gesù, con una frase diventata celebre, «la più grande e stupenda opera dell’amore divino» (L. II,499), e poi «il miracolo dei miracoli dell’amore di Dio, la scuola divina ove s’impara l’altissima scienza della santità» (L. II. 726). Chiedo venia se nel presentare le catechesi di questo anno, ripeterò spesso queste frasi basilari del fondatore. E’ importante per noi approfondire la spiritualità passionista, per evitare il rischio di una conoscenza superficiale, che porta a una spiritualità lacrimevole, che si ferma solo sul dolore fisico di Gesù, senza penetrare nel suo cuore per scoprire il suo amore per il Padre e per noi, che lo ha portato ad accettare la sua dolorosa passione. “Amore per Dio e per i fratelli: ecco la spiritualità passionista”.

L’amore e la croce

Ma che cos’è e come si manifesta l’amore vero? L’amore non è solo sentimento, tenerezza. L’esperienza ci dice che su questa terra non c’è vero amore senza sacrificio e quindi senza sofferenza, perché l’amore vero è dono di sé e ogni dono è sacrificio. Paolo della Croce ha capito che anche l’amore di Dio include il dolore. Egli è vissuto immerso nel mistero della Passione di Gesù e da essa ha imparato «la passione dell’amore». Scrive queste parole stupende a una santa suora, Colomba Geltrude Gandolfi: «Se vi sentite tutta penetrata dalle pene dello Sposo divino, fate festa; ma questa festa si fa nella fornace del Divino Amore, perché il fuoco che penetra fin nelle midolla delle ossa trasforma l’amante nell’amato e mischiandosi l’amore col dolore e il dolore con l’amore, si fa un misto amoroso e doloroso, ma tanto unito che non si distingue né l’amore dal dolore, né il dolore dall’amore, tanto che l’anima amante gioisce nel suo dolore e fa festa nel suo doloroso amore» (L. II, 440).

Queste parole possono essere scritte solo da chi ne ha fatto una vera esperienza personale. Paolo voleva portare tutti alla scuola del Crocifisso, perché da lui imparassero ad amare “fino alla fine” Dio e il prossimo, fino a trasformare il dolore in un atto di amore.

Non siamo seguaci della croce, ma del Crocifisso

Questa è la base della spiritualità passionista, la prima lezione che dobbiamo imparare da san Paolo della Croce. Noi non siamo seguaci della croce, ma del Crocifisso; veneriamo e amiamo la croce, perché su quel legno c’è una persona che si è immolata per nostro amore. Vediamo la croce come frutto dell’amore. Accettiamo la nostra croce, perché ci fa partecipare alla croce di Gesù. Dall’alto della croce Gesù ci attira a sé e ci aiuta a trasformare il dolore in amore, il sacrificio in gioia.

La giovane ven. Carla Ronci, consunta dalla malattia, a chi le chiedeva come stesse, rispondeva: «Sono la sposa del Crocifisso» e voleva dire: «La sposa sta come sta lo sposo». La parola croce non deve spaventare. Quando parliamo di croce non pensiamo subito a croci eccezionali che il Signore ci riserva come Passionisti. Il Padre misericordioso darà il freddo secondo i panni. Pensiamo alla croce della vita e vocazione, ai doveri quotidiani, agli acciacchi dell’età e della salute, alle difficoltà di ogni giorno…

Ogni croce accettata con amore e per amore diventa meno pesante: una mamma accetta volentieri tutti i sacrifici della maternità proprio perché ama; un padre accetta il lavoro anche duro, perché lavora per la famiglia che ama; un giovane serio accetta il sacrificio dello studio e dell’impegno, perché ama la meta che vuole raggiungere. Il fuoco dell’amore, acceso da Gesù Crocifisso nei nostri cuori, rende dolce e accettabile ogni prova, ogni sacrificio. Allora non ci meraviglieremo più nel leggere quanto scriveva san Gabriele, che aveva lasciato una famiglia benestante e aveva abbracciato una vita piena di privazioni e sacrifici: «La mia vita è un continuo godere». Chi ama sta sempre nella gioia. Comprenderemo meglio i grandi sacrifici dei santi, di san Paolo della Croce, san Pio da Pietrelcina, la B. Teresa di Calcutta: con il cuore pieno di amore, ogni sacrificio sembra poca cosa e diventa gioia.

Spiritualità esigente, ma gioiosa e amorosa

La spiritualità passionista è una spiritualità esigente, ma è la spiritualità dell’amore e quindi della gioia e della vita, da approfondire e vivere con generosità. S. Paolo della Croce vuole un cammino straordinario, ma fatto con equilibrio e discernimento. Non vuole scrupoli o timori. Lui, così penitente con se stesso, non vuole mortificazioni e penitenze indiscrete, non adatte allo stato della persona. Vuole la santità di una vita matrimoniale vissuta serenamente. Vuole la responsabilità nei doveri del proprio stato. Propone di vivere il mistero pasquale di Gesù di morte e risurrezione, croce e gioia, morte e vita. L’immagine sempre sorridente di S. Gabriele è il simbolo di questa spiritualità; ma lo è anche la nostra Bruna, che dopo una vita passata sulla croce, poteva dire che “la sua vita era bellissima”

Ringrazio il Signore e mi commuovo quando vedo Amici che hanno capito il significato della sequela passionista e camminano con fedeltà e generosità verso la santità. Ringrazio il Signore quando vedo alcune Fraternità che sono vere Fraternità passioniste e cercano di guidarvi i propri membri. Sogno di vedere i nostri laici seguire le orme dei santi passionisti ed essere di stimolo anche a noi religiosi. Posso confidare che diverse cose buone della mia vita le ho apprese da voi laici e di questo vi sono molto grato.

Concludo che se c’è una “vocazione passionista”, c’è anche una “santità passionista”, secondo l’esempio del fondatore e di una grande schiera di santi passionisti, anche laici, come la ven. Lucia Burlini e santa Gemma Galgani. Se la spiritualità passionista è la spiritualità dell’amore, anche la santità passionista è la santità dell’amore. Se “non c’è amore più grande di chi dona la vita per i propri amici” (Gv 15,13) non c’è anche santità più grande di chi ama fino a dare la vita per amore, fino a fare della propria vita una continua offerta di amore.

 P. Alberto Pierangioli

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