Messaggi

ORARIO SS. MESSE

SOLARE
  Feriale:  7.00-17.00
Festivo: 8.00-10.00-11.30
 16.00-18.00
 
  LEGALE
  Feriale: 7.00-18.00
Festivo: 8.00-10.00-11.30
 17.00-19.00

La verità più difficile da accettare in Gesù Cristo è che il Figlio di Dio muoia crocifisso. Se ci si pensa seriamente, c’è da perdersi. Com’è stato possibile? Il Padre non ha mandato il Figlio sulla terra per morire in croce, ma per riportare l’uomo sulla via della salvezza. Gesù si fa uomo per salvare l’uomo, con un messaggio di amore; ma è rifiutato. Giovanni inizia il suo vangelo affermando che il Figlio di Dio “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Sono state tante le sofferenze di Cristo.

Nasce in una stalla e subito è ricercato a morte da Erode. Quando inizia la vita pubblica a Nazaret, i paesani cercano subito di ucciderlo. I capi del suo popolo decidono di eliminarlo, perché perdona i peccati e compie i miracoli di sabato. Il Padre vuole la salvezza dell’uomo, ma l’uomo la rifiuta e si accanisce contro Colui che gliela dona. Il Figlio ama talmente il Padre e l’uomo, da dare la vita, perché sa che solo “quando sarà innalzato da terra attirerà tutti a sé” (Gv 12, 32), che “il chicco di grano deve morire per portare molto frutto” Gv 12,24) e che “non c’è amore più grande di dare la vita per gli amici” (Gv 15,13). Non è Dio che vuole la croce di Gesù: è l’uomo che rifiuta il Salvatore e lo condanna alla croce. Gesù accetta con amore e per amore la croce. È questo amore che san Paolo della croce ha approfondito maggiormente e che ha avuto da Dio come missione di ricordare al mondo.

La croce non è lo scopo e la meta della vita né per Gesù, né per noi. La passione è un passaggio obbligato, non è la meta. Gesù ha accettato di essere il Crocifisso come tappa necessaria per essere il Risorto, il Vivente. Passione e risurrezione sono inseparabili, per Gesù e per noi. Gesù ha detto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” Lc 9,23). Non c’è una croce speciale riservata al cristiano: è la croce di ogni uomo, la croce quotidiana, la croce di ogni vocazione. L’essere cristiano non aumenta e non toglie la croce, aiuta a renderla meno pesante, a santificarla. Gesù dice: “Venite dietro a me”. Egli va avanti e aiuta ogni discepolo a portare e santificare la croce di ogni giorno, come “concrocifisso” con Cristo. Contemplare la croce di Cristo aiuta a ridimensionare le nostre croci e a renderle più leggere. La croce senza Cristo schiaccia, con Cristo innalza e diventa trono.

Il Crocifissorisorto

Viviamo in un tempo di grande disorientamento, specialmente per quanto riguarda la fede in Gesù Cristo;  per questo Benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede, che ha preparato con la pubblicazione di tre libri su Gesù Cristo: il primo, Gesù di Nazaret, sulla vita e insegnamento di Gesù, il secondo sulla passione e risurrezione di Gesù; il terzo sull’infanzia di Gesù. Dobbiamo imparare a contemplare Gesù Crocifisso con l’amore e la fede di San Paolo della croce, ma lo dobbiamo fare alla luce della teologia del Vaticano II e dell’attuale magistero della Chiesa, che c’invita a non separare il Crocifisso dal Risorto. Addirittura il P. Gabriele Cingolani c’invita a unire la due parole Crocifisso e Risorto in una sola parola: Crocifissorisorto.

Gesù ci ha riconciliati con Dio con la sua morte in croce, ma ci ha dato la certezza della nostra fede e ci ha riaperto le porte del cielo con la sua risurrezione. Il cristiano sarà vero cristiano se saprà vivere la sua vita quotidiana come Maria, che sta accanto al Figlio dalla culla alla croce, per poi contemplarlo risorto.

La sfida della Famiglia Passionista nella situazione odierna

Benedetto XIV, nell’approvare la Congregazione passionista, disse che avrebbe dovuto sorgere all’inizio della chiesa. Difatti la spiritualità della passione ha avuto origine sul Calvario, anche se la Congregazione è nata nel Settecento. La morte e risurrezione di Cristo è il cambiamento radicale della storia, capace di darle un senso nuovo. La Famiglia Passionista ha un posto speciale nella realizzazione di questo cambiamento. Dobbiamo renderci conto della forza rivoluzionaria di tre affermazioni progressive sul Crocifisso Risorto:

Il Signore crocifisso è veramente risorto. Cristo risorto non muore più. La morte non ha più potere su di lui. Da queste tre certezze ne scaturiscono altre tre per noi: Il Crocifisso-Risorto non potrà ammazzarlo più nessuno. Contro di Lui nessuno potrà farci più niente. Nessuno potrà eliminarlo dalla storia.

Potranno rifiutarlo nelle coscienze, nelle culture e nelle leggi delle nazioni, ma lui è vivo e continua ad amare ogni uomo e ogni donna che viene nel mondo. Il Crocifisso-Risorto è a servizio dell’amore nella storia umana. E siccome lui è vivo, anche la Chiesa vive, anche nel nostro tempo tanto difficile. I nemici di Cristo cercheranno di cacciare il Crocifisso dalla storia, ma il Crocifisso è ormai per sempre Risorto.

Un elemento indicativo dei tempi difficili che viviamo è la presenza del dolore. Mentre da una parte il mondo in pochi decenni ha conosciuto progressi impensabili in tutti i campi, dall’altra parte il dolore cresce sempre più nel mondo: guerre, violenze, malattie, disastri naturali, dolore dei poveri, disoccupati, drogati, non-nati.

A questa realtà, si risponde con l’ateismo: Dio non c’è, e basta. Oppure la sfida cinica e irridente: Dov’è Dio? Perché permette queste cose? Sfida ripetuta in ogni evento doloroso.

Ma dinanzi all’interrogativo inevitabile sul perché del dolore, dobbiamo rispondere con l’atteggiamento della fede, che porta a un’accettazione fiduciosa, motivata dall’amore, che scaturisce solo dal Crocifisso-Risorto e può placare la ragione umana, anche se non sempre riesce a placare l’emotività, l’istinto.

Infatti il Crocifisso stesso, come uomo, lancia dalla croce il suo perché al Padre: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” (Sl 22; Mt 27,45-50). Ma poi capisce che non si tratta di abbandono del Padre, ma di sfida ad abbandonarsi all’amore del Padre. Segue infatti l’abbandono della sua umanità pacificata: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Sl 30; Lc 27,46). Al perché del Figlio, il Padre non risponde subito, risponderà solo dopo tre giorni, con la risurrezione.

Passione e risurrezione s’illuminano a vicenda

Per causa nostra il dolore è entrato nel mondo e in qualche modo anche in Dio, come Verbo Incarnato e come coinvolgimento trinitario per la nostra salvezza. Dinanzi al cumulo immenso del dolore umano la chiesa annuncia il Crocifisso-Risorto. La Famiglia Passionista è chiamata a farlo come primo impegno della sua vocazione e missione.

In questo momento della storia umana, della chiesa e della nostra Congregazione, sembra che la terminologia più adeguata per la trasmissione del messaggio della Fede sia quella di Crocifisso-Risorto. Teniamo presente il mosaico del Crocifisso Risorto di Ugolino da Belluno nella sala dei confessionali al santuario di san Gabriele: rovi e acute spine che avvolgono il Crocifisso si allungano a sinistra e diventano fiori che avvolgono il Risorto. Un segno forte per capire il passaggio dalla morte alla vita, dal dolore alla gioia.

Insistere solo sul Crocifisso può condurre a incomprensibile glorificazione della sofferenza. Il compatire Gesù come uomo dei dolori senza la prospettiva della risurrezione, rischia di risolversi in vittimismo per la nostra sofferenza, invece di viverla alla luce del nostro destino finale.

Di fatto molti cristiani non riescono a sbloccarsi dal proprio dolore, perché non riescono a proiettarsi nel Risorto. Troppa passione senza risurrezione può lasciare il dolore senza soluzione. Insistere solo sul Risorto rischia di far sorvolare sulla realtà del vivere quotidiano, ancora soggetto al potere del peccato e quindi al dolore e alla morte. D’altra parte, comunque si risolva il rapporto col Crocifisso, dinanzi a lui s’impone la scelta della conversione, del cambiamento di vita. E questa è un’esperienza di risurrezione.

San Paolo della croce, pur non avendo ancora la teologia e la mentalità ecclesiale dei nostri giorni, ha voluto che la vita liturgica passionista fosse intercalata a ogni ora dalla proclamazione del Risorto: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!» ( Fil 2 , 9-11). Le nostre Costituzioni affermano: Noi passionisti facciamo del mistero pasquale di morte e risurrezione il centro della nostra vita” (n. 64).

Conclusione

Nelle religioni non cristiane la divinità chiede sacrifici agli uomini, ma essa non partecipa alla loro sofferenza. Solo il nostro Dio è il Dio che soffre con gli uomini e per amore degli uomini: “Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (Eb 4,15). Il nostro primo impegno con Dio non è di amare Dio, ma di credere all’amore che Dio ha per noi. Il Crocifisso ne è la prova più grande. Il Risorto è la meta luminosa verso la quale camminiamo. Nelle prove della vita non è facile credere all’amore di Dio. Contemplando il Crocifisso Risorto comprendiamo che “Dio è amore” e che ci vuole felici, ci ha creati per il Cielo. I nostri impegni di cristiani, di coniugi, genitori, lavoratori, di AGC e consacrati a Gesù Crocifisso sono chiodi di amore che ci legano a Lui. Dobbiamo essere portatori di croci, ma non fabbrichiamoci croci da soli e non siamo mai fabbricatori di croci per gli altri.

Pensiamo alla famiglia: è stato detto che la famiglia deve essere il camposanto dell’io, per essere poi il campo dell’amore. Ma se predomina e comanda l’egoismo, la famiglia diventa il cimitero dell’amore. L’io trionfa e fa intorno a sé un cimitero. Le conseguenze le abbiamo continuamente sotto gli occhi. Questo vale per ogni vocazione, per ogni situazione.

Il Crocifisso Risorto è portatore di vita, di speranza, di amore, non solo per la vita eterna, ma anche per il pellegrinaggio su questa terra. La risurrezione di Gesù è la certezza che anche noi risorgeremo e che la nostra vita continua oltre la morte nella gloria del cielo. Senza Cristo, sulla croce dobbiamo starci lo stesso, ma può  diventare disperazione. Con il Crocifisso-Risorto il dolore può trovare un senso e può diventare la storia dell’amore del mondo. (Cfr. G. Cingolani: “Testimoniare il Crocifisso Risorto in una società dalla fede a rischio”.

Rifletti

  1. Perché “il chicco di grano deve morire per portare molto frutto”? Che cosa significa per noi?
  2. Che cosa ti dicono le parole di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”?
  3. Che cosa ti dice la parola unita Crocifisso risorto? Perché è un’opportunità per noi Passionisti?

P. Alberto Pierangioli

Portale sulla B.V. Maria, Madre di Dio

Accedi

Righetto Cionchi

VaticanNEWS

Seguici su Twitter