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Uno dei punti centrali della spiritualità di san Paolo della Croce è stato individuato da molti studiosi nella dottrina della “morte mistica e divina rinascita”. È un tema che ricorre spesso nelle lettere del santo. Nei processi per la sua beatificazione si parla di un suo opuscolo sulla Morte Mistica, ma per 200 anni, se n’era persa ogni traccia. Solo nel 1976 se ne scoprì una copia in un monastero di Spagna. La Morte Mistica e Divina Rinascita è un tema attualissimo nella teologia spirituale, collegato alla spiritualità battesimale di cui parla tanto san Paolo apostolo, che considera il battesimo come una morte e una nascita. Il fonte battesimale è nello stesso tempo un sepolcro e un grembo. Nasciamo vivi come figli di Adamo, morti come figli di Dio, il battesimo ci ridona la vita di figli di Dio.

 

Scrive san Paolo ai Romani: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione… L’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, perché noi non fossimo più schiavi del peccato… Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più. Egli morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rm 6, 4-11).

L’immagine di San Paolo, che paragona il battesimo a una morte e a una nascita, era compresa bene dai primi cristiani, quando il battesimo era amministrato con l’immersione totale del battezzando nell’acqua. L’immersione battesimale è come una morte e deve portarci a morire a tutto ciò che è mentalità del mondo, autonomia da Dio e autosalvezza. L’ emersione simboleggia la risurrezione e la nuova nascita, la vita nuova. Il cammino del Cristiano non va dalla vita alla morte, ma dalla morte alla vita.

San Paolo della Croce parte da altri principi, ma guida allo stesso cammino e alla stessa meta. Scrive a Lucia Burlini: «Morta misticamente a tutto ciò che non è Dio, con altissima astrazione da ogni cosa creata, entrate sola, sola nel più profondo della sacra solitudine interiore, nel sacro deserto; e questa sacra entrata si fa con l’annichilamento, si fa con la fede e il santo amore, con alto distacco da ogni contento sensibile anche santo, e così l’anima rinasce a nuova vita di carità nel Divin Verbo!» (LL I-I p. 301). (Cfr, Lippi: Introd. Lettere ai Laici I-I. p. 105).

La morte dell’uomo vecchio

Per fare il volo verso Dio, o, come dice san Paolo della Croce, nel “seno del Padre”, occorre deporre tutta la zavorra che ci appesantisce; non si può scalare un grande monte, portando sulle spalle tutta la cianfrusaglia della vita moderna. Occorre un cammino di spogliamento e di purificazione: è la morte “dell’uomo vecchio” (Col 3,9), la “morte mistica” a tutto ciò che non è Dio.

San Paolo precisa: “Se siete risorti con Cristo, mortificate quella parte di voi stessi che appartiene alla terra, impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria…Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri” (Col. 3, 1..9). Questo significa che, una volta rinati a vita nuova, bisogna vivere questa vita, non l’altra che è stata sepolta nella morte con l’immersione nel sepolcro di Gesù.

È la “potatura” divina, di cui parla Gesù, necessaria per portare molto frutto (Gv 15,2). Per san Paolo della Croce occorre una continua “vita moriente”: morire a ogni creatura, anche agli stessi doni di Dio, con la mortificazione interna ed esterna. È la convinzione di “nulla avere, nulla potere, nulla sapere”, per attaccarsi unicamente a Dio e riposarsi in Lui, “Sommo Bene” e vero “Tutto”.

Le prove, le tentazioni, le umiliazioni, le aridità sono gli strumenti di cui si serve Dio per purificare l’anima amante, sono“ricami del lavoro amoroso di Dio”, che ama e vuole il vero bene della sua creatura. La morte mistica arriva quando uno muore totalmente a se stesso, al proprio io e al mondo. Allora si può dire con Gesù: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46).

È un approfondimento del dualismo evangelico: “morte e vita”, “morire per vivere”, “vita secondo la carne e vita secondo lo Spirito”. Arrivati a questa altezza, s’incomincia a provare gli effetti della morte mistica, a vedere le meraviglie d’amore che opera il Signore nell’anima che si abbandona a Lui. “Oh che vita è questa! Oh che morte!”, esclama san Paolo della Croce. È un martirio d’amore.

Questa morte non avviene una volta per tutte, ma è una morte che deve continuare per tutta la vita, perché c’è sempre il rischio che il peccato tenti di rientrare nella nostra vita. Quando poi per ciascuno di noi arriva quella che chiamiamo morte, essa è il completamento della morte già avvenuta nel battesimo.

Muore la vita sottoposta alle conseguenze del peccato, non la vita nuova ricevuta nel battesimo. Se poi crediamo che nel battesimo è avvenuta una vera morte, non dovremmo avere eccessiva paura della morte.

A questo punto ci chiediamo che cosa significa “morire a tutto ciò che non è Dio, anche a se stesso e distaccarsi da tutte le creature”. Il cristiano non è un pessimista, un masochista, un misogino. Il cristiano è uno che riconosce il creato come opera di Dio e sa che tutto ciò che Dio ha creato è “cosa buona” (Gen 1, 10). Ma sa anche che il peccato ha inquinato la natura e tende ad allontanare l’uomo da Dio. Per questo, il vero cristiano s’impegna a mettere Dio al primo posto, anche se questo richiede lotta e sacrificio e lo fa con gioia, per rimanere fedele all’amore di Dio e vivere la sua vita in profonda e continua comunione con Dio.

La nascita dell’uomo nuovo

La morte mistica ci deve condurre alla vera vita. Il fonte battesimale è il grembo da cui nasciamo come figli di Dio. È il grembo della chiesa, dove il Padre ci rigenera con la potenza dello Spirito rendendoci una cosa sola con l’unico Figlio che genera nell’eternità. Ci dice san Paolo:

“Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si  trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo… Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda…Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma soprattutto, rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre”. (Col 3, 1-4, 9-17).

Cammino di figlio di Dio

La vita nuova consiste nel cercare “le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 3,1).

È il cammino della “santità”, il passaggio dalla passione alla risurrezione. L’effetto principale del battesimo è la filiazione divina. Tutti gli altri doni del battesimo dipendono dal dono di essere figli di Dio. Quando uno nasce come figlio di Adamo, i genitori lo abbracciano esclamando pieni di gioia “questo è mio figlio, o mia figlia”. Quando la stessa creatura è battezzata, anche Dio Padre esclama “questo è mio figlio, o mia figlia”. Lo Spirito del Padre si riversa sul battezzato, come scese su Gesù nel suo battesimo. Il neobattezzato deve poi essere aiutato a capire pian piano l’impegno assunto di vivere una vita da figlio di Dio. Altrimenti Dio dovrà vergognarsi di lui, se è un figlio indegno.

La morte e risurrezione di Cristo non riguarda solo Gesù Cristo, ma interessa tutti gli uomini. Si chiama mistero pasquale. Paolo apostolo presenta sempre unite le due facce del mistero. Morte e risurrezione sono due facce della stessa medaglia, due passi della nostra unione con Cristo. Nella lettera ai Romani, dopo aver descritto gli effetti salvifici della morte e risurrezione di Gesù, passa subito a spiegare come si applicano ai cristiani, per mezzo delle fede e dei sacramenti. Paolo pone il battesimo come inizio della salvezza che permea l’esistenza cristiana dall’inizio alla fine.

La morte dell’uomo vecchio porta alla nascita dell’“l’uomo nuovo”, per vivere la vita deifica nel “seno di Dio”. L’anima rinasce ogni momento a vita nuova di amore nel Divin Verbo.

Conclusione.

La morte mistica non è altro che un atto di fede totale, con il quale accettiamo, con grande umiltà e fiducia, che le cose vadano come vuole Dio, anche al contrario di quello che avremmo desiderato, convinti che Dio ha il potere di portarle, anche dopo il fallimento, ad un esito positivo, come ha fatto con la morte e risurrezione di Gesù. Il cristiano, alla luce della fede, accetta la morte mistica a tutto, anche a ciò che umanamente parlando potrebbe desiderare e sperare, fidandosi della vittoria dell’amore di Dio su di sé, sui suoi cari, su tutto. Dalla morte alla vita. Per crucem ad lucem!

Rifletti

Che idea ti sei fatto della “Morte Mistica”? Che cosa suggerisce al tuo cammino spirituale?

Che cosa dice a te la “Divina Rinascita” o “Vita Nuova” in Cristo?

In che senso il battesimo è una bara e un grembo materno?

Tra i tanti atteggiamenti da “mortificare” secondo s. Paolo, quale metteresti al primo posto?

Tra gli atteggiamenti della vita nuova suggeriti da s. Paolo, quale metteresti al primo posto?

Quali “cianfrusaglie” più frequenti della vita moderna sono da eliminare o ridimensionare?

P. Alberto Pierangioli

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Righetto Cionchi

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